(For English version see below, or press first the Google Translation Button )

E' possibile riscrivere la Storia, redimere il mondo grazie al potere della finzione cinematografica? E in che modo? Se l'ultimo film dell'enfant terrible, forse maestro di un cinema postmoderno, suscita controversie a tratti feroci è proprio per rispondere a questi interrogativi. Dopo un film mediocre come GRINDHOUSE (qualcuno, rincarando, dice dopo il suo ultimo buon film, JACKIE BROWN, 1997) Quentin Tarantino si è dato da fare. Sotto quest'aspetto così come, ovviamente, sul suo talento immaginifico sopra la norma, o sulla sua straordinaria, se ragionevole, antropofagia cinematografica, INGLORIOUS BASTERDS è un film anche esaltante.

I dubbi, semmai, nascono sulla seconda delle domande. Quando s'inizia un film con l'insostenibile, prolungata tensione dell'interrogatorio alla famiglia di contadini da parte del “cacciatore di ebrei” interpretato da Christoph Waltz (grande rivelazione, premio d'Interpretazione a Cannes, il film va visto non fosse che per lui), quando ci si muove sottilmente dall'ambiguità più untuosa e quasi seducente alla ferocia scatenata, ci si ritrova senza dubbio dalle parti della rilettura storica. Nutrita non solo dall'evidente manierismo operistico alla Sergio Leone, ma dai Lang, i Walsh, i Fuller, gli Aldrich, i Sirk, i film di guerra girati dagli americani in Europa; e si potrebbe continuare all'infinito sul filo della tarantiniana bulimia. Il tutto, non solo per riallacciarsi al tema della Vendetta caro da sempre all'autore di KILL BILL, ma di sostituire alle certezze storiche quelle di un universo che si è forgiato nel cinema di serie B (non a caso il titolo è imprestato a un film ignorato di Enzo Castellari del '78), nei western spaghetti, nella gestualità kung-fu se non addirittura nella logica dei videogame: «più che un film di guerra, ho girato un film sul mio amore per il cinema»...

Ora, non si tratta tanto di confrontare questa mistura espressiva spesso sfavillante con lo sguardo di un Sergio Leone, che nasceva da un uso ponderato dei contrasti, tra primissimi piani e orizzonti infiniti, velocità e lentezza, violenza e malinconica tenerezza. O, ancora meno, con la meccanica ineguagliabile della rivisitazione del nazismo in chiave grottesca di TO BE OR NOT TO BE, il capolavoro di Ernst Lubitsch. Semmai, di riflettere su quella specie di palestra delle esercitazioni care all'ispirazione tarantiniana (sadismo, revisionismo trash, bulimia logorroica, il tutto in nome di un cinema «fun») nella quale sfociano i 148 minuti di BASTARDI SENZA GLORIA. Dove la Shoah e l'eradicazione del nazismo, l'eliminazione di Hitler e delle sue SS avvengono ormai sul ritmo dei crani dei Cattivi colpiti con le mazze da baseball; nei quali i buoni vendicatori, che sarebbero i Basterds del titolo, diventano dodici avanzi di galera ebrei, regolarmente ispirati ai celebri dodici criminali evasi dal carcere che Robert Aldrich sbarcava in Normandia in QUELLA SPORCA DOZZINA.

Condotti da Brad Pitt, i vendicatori di Tarantino scalpano gli avversari alla maniera dei pellerossa (ALAMO ed il celebre ritornello di John Wayne è regolarmente fagocitato): iniziato come come un western e proseguito come film di guerra, spionaggio o commedia anche musicale nella quale mescolare le lingue originali alle citazioni, INGLOURIOUS BASTERDS è infatti tutto e il contrario di tutto. Si potrà allora godere tutto il coraggio sfrontato di un regista che riesce immancabilmente a sorprendere nell'universo inscatolato dello spettacolo contemporaneo; di tante invenzioni registiche, dell'abituale, stradinaria prolissità dei dialoghi, di una recitazione sempre all'altezza dell'ipertrofica impresa. Di un film giubilatorio nei suoi impareggiabili alti come nei suoi trascurabili bassi; sempre incurante nello sfidare il rischio di finire, come in quella canzonetta, bello ma senz'anima.

____________________________________________________________________________

Is it possible to rewrite history, to redeem the world through the power of cinematic fiction? And in what way? If the latest film by the enfant terrible, perhaps the master of a postmodern cinema, arouses controversy at times fierce, it is precisely to answer these questions. After a mediocre film like GRINDHOUSE (some say after his last good film, JACKIE BROWN, 1997) Quentin Tarantino has been busy. In this respect, as well as, of course, on his above-normal imaginative talent, or on his extraordinary, if reasonable, cinematic anthropophagy, INGLORIOUS BASTERDS is also an exciting film.

Doubts, if anything, arise on the second of these questions. When you start a film with the unbearable, prolonged tension of the interrogation of the peasant family by the Jewish hunter played by Christoph Waltz (a great revelation, winner of the Interpretation Prize at Cannes, the film must be seen if only for him), when you subtly move from the most unctuous and almost seductive ambiguity to unleashed ferocity, you undoubtedly find yourself in the area of historical reinterpretation. Nourished not only by the evident operatic mannerism of Sergio Leone, but also by Lang, Walsh, Fuller, Aldrich, Sirk, the war films shot by the Americans in Europe; and one could go on and on, following the thread of Tarantino's bulimia. All this, not only to return to the theme of Revenge always dear to the author of KILL BILL, but to replace the historical certainties with those of a universe forged in B-movies (it is no coincidence that the title is lent to an ignored film by Enzo Castellari in 1978), in spaghetti westerns, in kung-fu gestures and even in the logic of videogames: "more than a war film, I have made a film about my love for cinema"...

Now, it is not so much a question of comparing this often sparkling expressive mixture with the gaze of a Sergio Leone, which was born of a considered use of contrasts, between extreme close-ups and infinite horizons, speed and slowness, violence and melancholic tenderness. Or, even less, with the incomparable mechanics of the grotesque reinterpretation of Nazism in TO BE OR NOT TO BE, Ernst Lubitsch's masterpiece. If anything, it is to reflect on the sort of exercise ground so dear to Tarantino's inspiration (sadism, trashy revisionism, logorrhoeic bulimia, all in the name of "fun" cinema) into which the 148 minutes of BASTARDS WITHOUT GLORY flow. Where the Shoah and the eradication of Nazism, the elimination of Hitler and his SS now take place to the rhythm of the bad guys' skulls being hit with baseball bats; where the good avengers, who would be the Basterds of the title, become twelve Jewish jailbirds, regularly inspired by the famous twelve criminals who escaped from prison that Robert Aldrich landed in Normandy in THAT DIRTY DOZEN.

Led by Brad Pitt, Tarantino's avengers scalp their adversaries in the manner of the Native Americans (ALAMO and John Wayne's famous refrain is regularly swallowed up): started as a western and continued as a war film, espionage or musical comedy in which original languages are mixed with quotations, INGLOURIOUS BASTERDS is in fact everything and the opposite of everything. One can then enjoy all the brazen courage of a director who always manages to surprise in the boxed universe of contemporary entertainment; of many directorial inventions, of the usual, extraordinarily prolix dialogue, of an acting that is always up to the hypertrophic task. Of a film that is jubilant in its unparalleled highs as well as in its negligible lows; always heedless in challenging the risk of ending up, as in that song, beautiful but soulless.

www.filmselezione.ch

3800 reviews since 1950 at your disposal

(Subscrive free to www.filmselezione.ch, 3800 film reviews since 1950, and receive new ones by E-mail)